Seconda tappa (V – XVIII sec. d.C )
Il Territorio di Pescia Romana e l’Acqua: Un Viaggio Tra Toponimi e Storia
di Stefano Del Lungo
In ogni ricerca, esaminare il nome di un luogo e interpretarne il senso permette di capire un posto andando oltre le apparenze e di recuperarne una parte della sua storia passata. Nel territorio di Pescia Romana, l’acqua è uno fra gli elementi meglio rappresentato.
I toponimi ne valutano la qualità e la quantità, ne sottolineano il valore, celebrandola nei culti sin dall’epoca romana (dalle Ninfe all’Arcangelo Michele), o evidenziano le strutture che in passato ne hanno regolato il flusso e la raccolta, come cisterne, serbatoi, canali e condutture in genere.
Significative denominazioni locali riconducono, ad esempio, agli Arabi, la cui civiltà nasce per l’acqua e attraverso la sua immagine esprimono il concetto di ‘donna’, di ‘principio generatore’ e di ‘primo suono’ del loro alfabeto (sing. ‘ayn, pl. ‘uyun). Alcuni di questi toponimi, influenzati forse anche dal genere femminile dei corrispondenti vocaboli latini aqua e fons, si sono evoluti in ‘donna’ e ‘femmina’. Uno di questi è la Femmina Morta, che nel linguaggio delle campagne significa ‘sorgente asciutta’ o ‘disseccatasi’.
Un altro è ‘caligine‘ (dall’arabo halig, ‘laguna’, ‘fiume’, ‘canale’, ‘affluente’, ‘abisso’), situato 100 m a S del km 113,5 della Via Aurelia, tra Montalto e Pescia, in un punto ai margini di una laguna, ora scomparsa ma che nel Medioevo era frequentata da navi arabe e pisane, in cerca di scambi o rapina.
In generale, il sovrapporsi e l’integrarsi nel territorio di Pescia Romana di etnie diverse sin dal VI secolo d.C. (i Goti, i Longobardi, gli Arabi) appare evidente nella molteplicità di modi che la gente di queste campagne ha usato per indicare l’acqua, vista nel paesaggio sottoforma di torrente vorticoso, di palude, di laguna interna e di sorgenti, con richiami diretti o meno.
La Componente Locale e i Toponimi Legati all’Acqua
Alla componente locale si riconducono i numerosi Pantani e Pantano. Il loro significato, piuttosto evidente, si ritrova, in ordine alfabetico, anche nei termini:
- Asco, l’Asco o Lasco: acquitrino contornato da vegetazione.
- Foce: sbocco di una laguna interna.
- Gora: invaso.
- Guinza: acqua accumulatasi ai piedi di un rilievo o in un avvallamento.
- Inferno: palude, con ulteriori metafore applicate alle forze del male.
- Piscina: invaso o acquitrino.
- Paglieto: estensione di erbe di palude.
- Pozzo: sorgente profonda.
A parte, poi, vanno considerati anche gli aggettivi:
- Fragida: (dal latino fragidus = bagnata, intrisa d’acqua), relativo alla terra.
- Percossa: a cui aggiungere la parola “acqua”, per indicare punti di un torrente in cui si formano cascate o rapide.
- Marzola: dal latino marcidus = marcio, stagnante, ben rappresentato dal Fosso della Marzola (all’altezza del km 121,200 della Via Aurelia), che nel secolo XVIII era compreso nel più ampio Quarto Marzola, una variante per intendere la vasta palude di Pescia.
Pescia Romana: Un Nome Legato all’Acqua e alla Storia
Proprio Pescia Romana costituisce il simbolo di un territorio che con le acque ha avuto sempre uno stretto rapporto. Il nome deriva dal longobardo pehhia = ruscello, torrente.
Le acque sono il suo patrimonio, perché garantiscono l’irrigazione dei campi, la pesca e la caccia, nelle macchie che circondano le lagune costiere. L’Aurelia romana, invece, nel suo ramo di età imperiale, attraversa il territorio e lo collega ai centri della valle dell’Albegna e di Montalto, transitando al Sassone. Il suo passaggio viene ricordato dal toponimo longobardo Pian dei Gangani (3300 m a S del km 118,500 dell’odierna Statale n° 1), evolutosi da un precedente Lago di Gango, del secolo XVII, e derivato dal vocabolo germanico ganga, che associa i significati di ‘pantano’ e di ‘strada’, stesa ad attraversarlo.
Nell’XI secolo Pescia doveva essere un abitato di dimensioni rispettabili, in quanto aveva una pieve, intitolata a S. Genesio, e una chiesa di S. Maria. Di esse non ne rimane traccia, salvo forse il nome Chiesa Vecchia, che si conserva ancora in una traversa della superstrada. Questa scomparsa, risalente forse già al pieno Medioevo, coincide con una progressiva trasformazione del paesaggio, nel quale il deciso aumento delle temperature, a partire dal XIII secolo, determina la nascita della Maremma, intesa quale ambiente ostile, e la diffusione in maniera definitiva della malaria.
Da questo momento non si parla più solamente di lagune ma di pantani ed acquitrini, che seppelliscono l’antica strada romana sotto uno strato di fango e isolano tutta la zona, imprigionandola fra i suoi corsi d’acqua.
Toponimi Significativi del Territorio di Pescia Romana
Un gran numero di toponimi segnano questa progressiva e inesorabile trasformazione. Di seguito, si ripropongono, in forma riassunta e in ordine alfabetico, i contenuti di alcune delle schede sulle denominazioni in uso nel territorio di Pescia Romana, pubblicate per conto del Consorzio di Bonifica nel volume su La toponomastica archeologica della Provincia di Viterbo (1999):
- Ara Vecchia: località adibita alla battitura del grano, in relazione con la vicina Casa della Moletta.
- Casa della Moletta: la mola, a cui poi si è aggiunta la casa, venne impiantata agli inizi del XIX secolo sulla sponda destra del Fosso della Marzola, presso una delle strade che dal Vecchio Borgo di Pescia Romana conduceva alla Macchia di Pescia. Il punto prescelto sfruttava la maggiore portata e velocità del torrente, nonché l’essere facilmente raggiungibile dalle famiglie dimoranti nelle case e nelle capanne della zona.
- Cavallaro (di sopra e di sotto): la località, riservata al pascolo dei cavalli, consentito anche dalla disponibilità di sorgenti d’acqua, recava inizialmente il nome di Punton dei Cavallari, in riferimento al personale addetto alla cura degli animali rilasciati nella proprietà.
- Fontanile Nuovo: gli interventi di ripristino della vasca del fontanile, che hanno poi prodotto il toponimo, risalgono alla fine del XIX secolo. Al momento la località reca ancora il nome pontificio di Campo delle Capanne e Lasco, a memoria del piccolo agglomerato di capanne e del vicino spazio aperto, circondato dalla macchia mediterranea, situati ai limiti sud-orientali dell’area coperta dalla denominazione.
- Forma e Tombolo del Paglieto Grande: il ‘paglieto’ è una distesa di erbe a stelo lungo, solitamente proliferanti nelle aree acquitrinose, nei canali (la forma) o sulle dune (il tombolo) e non gradite dal bestiame al pascolo. La colorazione giallognola acquisita durante la stagione estiva, in coincidenza con il restringersi o il prosciugarsi degli specchi d’acqua, ne accresce la somiglianza con la paglia, richiamata in questo caso in modo ironico visto che tale tipo di “fieno” viene respinto dagli animali e non ha, quindi, alcuna resa economica.
- Fosso del Prato: 1800 m a SO del km 122 della Via Aurelia (sec. XIX). Con il passaggio dell’appellativo Tavolaro alla località attraversata nella parte alta, il corso d’acqua muta il nome nella versione odierna. Il ‘prato’ di cui si fa cenno è in realtà il Quarto di Prato Morico (o ‘prato dei roveti’), una ripartizione della tenuta di Campo Pescia localizzabile ai limiti occidentali del Puntone del Turco, al limite delle colline dominanti la depressione di Fontana Santa.
- Fosso del Tafone e del Tafoncino: l’appellativo del fosso, talora modificato anche in Tufone, se preso alla lettera, sarebbe forse di matrice etrusca o greca (da taphos, ‘tomba’, quindi Fosso della Tomba, come se ne trovano altri nei territori di Canino e di Cerveteri), ma si hanno dei dubbi.
- Fosso dell’Acqua Bianca: il colore dell’acqua è quello acquisito nei periodi di piena del fosso, carico di sedimenti argilloso-sabbiosi in sospensione. L’odierno toponimo sostituisce la variante locale Botro del Bagnatore, interpretabile nel senso di ‘letto incavato del fosso’, la cui acqua è usata per irrigare i campi vicini.
- Fosso della Margherita: l’appellativo del fosso non sembra si riferisca al corrispondente fiore di campo, come per il Fosso Violetta e la vicina località la Viola. Lungo il suo corso vanno cercate le rovine della chiesa altomedievale intitolata a sancti Petri in Carmarita o ad Margarita, il cui appellativo è da intendersi forse nel senso latino originario di ‘perla’, con valore sacro. La chiesa appartiene sino agli inizi del secolo XI al monastero di S. Salvatore al Monte Amiata.
- Gorello: piccolo invaso d’acqua prodotto da una sorgente che alimenta un anonimo affluente di sinistra del Fosso della Marzola.
- Graticciara: letteralmente una ‘distesa di canne’, ma il nome passa, alla fine del XVI secolo, ad identificare un casale fortificato, eretto a garantire una migliore protezione del confine tra il Patrimonio di S. Pietro, il Granducato di Toscana e lo spagnolo Stato dei Presìdi.
- i Magazzini: degli edifici che hanno determinato l’affermarsi del toponimo, forse costruiti in legno, non rimane traccia. Nel 1792 si fa cenno ad essi come già scomparsi, serviti dalla cosiddetta Strada vecchia de’ Magazzini, proveniente dal borgo di Pescia.
- il Confine: prende il nome dalla Fossetta della Pescia, che nel XVIII secolo segna il ‘Confine con il Campo di S. Agostino’, appartenente alla Reverenda Camera Apostolica.
- il Pratino: l’originario nome è il Pratino del Tommolo (data la sua vicinanza con la duna costiera) e si riferisce ad un piccolo appezzamento di terra liberato temporaneamente dalla macchia che lo aveva invaso.
- il Quartigiano: secondo un’espressione di pertinenza insolita nel Viterbese, il toponimo segnala l’esistenza di un Quarto, ossia una delle quattro unità nella quale è divisa ogni tenuta (in questo caso il Campo di S. Agostino).
- la Cornuta: si richiama un’infestazione del fungo responsabile della malattia della Segale, detta in tale circostanza Cornuta e particolarmente pericolosa, se macinata e mescolata alla farina per la produzione del pane.
- la Mandriaccia: l’aggiunta del suffisso dispregiativo sancisce la caduta in disuso, o il parziale abbandono, di un appezzamento di terreno e degli steccati che lo delimitano, adibiti sino a quel momento a raccolta e sosta temporanea del bestiame libero al pascolo.
- Lasco del Pozzo: nel nome si ha l’accostamento tra il significato di ‘acquitrino’ (Lasco, da l’asco), buono solo per l’abbeverata degli animali, e ‘fonte’ (il Pozzo), con flusso utilizzabile sia per irrigazione sia per usi domestici.
- Longarina: ampio appezzamento di terra ‘di forma allungata’, corrisponde alla parte del lago di Chiarone che nei secoli passati separava le anse dei Pantani e di Fontana Santa.
- Macchia di Matteaccio: non si hanno notizie sull’identità della persona menzionata nell’appellativo della Macchia. Probabilmente si tratta di un enfiteuta o di un uomo di fiducia di una delle famiglie che ebbero in enfiteusi il Campo Pescia dalla Reverenda Camera Apostolica.
- Malnome: sebbene di antica tradizione, il toponimo sembra sia stato introdotto di recente nei campi che si estendono tra il Fosso della Margherita e il Fosso della Percossa. La ‘cattiva fama’ della località potrebbe legarsi al pericolo costituito dai vicini boschi, costituenti un riparo per banditi e comunque un luogo da non frequentare abitualmente.
- Perazzeta: data la particolare estensione del toponimo, risulta difficile capire da quale punto preciso dei colli provenga, né a quale gruppo di ‘perazzi’ facesse originariamente riferimento, visto come elemento particolarmente evidente del paesaggio rispetto alla circostante vegetazione palustre e arbustiva.
- Pianacce: il suffisso dispregiativo sottolinea l’oggettiva impossibilità accertata di sfruttare la superficie a fini agricoli o dell’allevamento. Esteso impropriamente anche alla duna costiera (meglio conosciuta in precedenza come Tommolo), il toponimo appartiene in origine alla sola piana retrostante, soggetta ad allagamenti e comunque comprendente anche paludi.
- Poggio Cavallucciaro: la collina reca un sinonimo del vocabolo ‘Polledrara’, alludendo alla pratica dell’allevamento brado dei cavalli.
- Puntone del Turco: il toponimo sembra essere collegato al vicino casale della Graticciara, che nel 1643 risulta comunemente indicato come «il sbarco dove molte volte davano in terra li Turchi, avanti che fosse fatta la torre del lago di Burano, ch’è poco lontano».
- Puntone e Puntoncino: si tratta dei vocaboli usati in modo convenzionale per indicare i pianori, e in particolare quelli compresi tra i fossi del Tafone e dell’Acqua Bianca.
- Querciolare: riferimento ad una generica formazione di querce della vicina Macchia di Matteaccio, poi abbattute per lasciare spazio alle coltivazioni.
- Riserva dei Frangiventi: il termine ‘riserva’ è l’erede di ‘quarto’ nella definizione di porzioni interne di tenute ed è conseguenza diretta del passaggio al Demanio delle vaste proprietà possedute in questi territori dalla Reverenda Camera Apostolica. L’appellativo Frangiventi è invece un portato degli interventi di bonifica, programmati nel 1942 con i Piani Generali di Bonifica per i Bacini del Marta e del Mignone.
- Riserva dell’Imposto: l’assenza di altri elementi che completino il toponimo non consente di capire a cosa in particolare si riferisca l’azione espressa nell’appellativo, al di là del valore di ‘terreno preparato’, probabilmente per una coltura particolare, dopo averlo liberato dalla macchia, dai roveti e dalle sterpaglie che lo ricoprivano.
- Scopetone: lo ‘scopeto’ è una fitta estensione di arbusti, prodottasi a seguito del taglio mal eseguito della macchia mediterranea e di una temporaneo sfruttamento a pascolo dei terreni liberati dalla vegetazione.
- Tavolaro: indica, letteralmente, una ‘estensione pianeggiante’, ma il toponimo è stato introdotto come variante locale della località Puntone del Forno (dove “puntone” è sinonimo di “tavola” e l’appellativo Forno evoca il caldo afoso tipico di questi luoghi durante l’estate).
- Terza Valle del Chiarone: mancando nelle località confinanti i numerali precedenti (ossia ‘primo’ e ‘secondo’), è lecito pensare che l’aggettivo di apertura del toponimo sia al femminile il corrispondente di Terzo, generalmente usato nelle campagne dello Stato Pontificio assieme a Quarto per indicare la porzione interna di una proprietà, divisa rispettivamente in tre o quattro parti. Il resto della denominazione si riferisce al passaggio del Fosso Chiarone nel sottostante avvallamento, su cui attesta l’odierno confine regionale, erede della storica frontiera tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana.
- Tombolo della Foce Vecchia: il significato di ‘duna della vecchia foce’ deriva dall’esistenza di un passaggio, in corrispondenza della Graticciara, per l’acqua del retrostante lago di Chiarone, che da qui refluiva in mare, consentendo il rifugio temporaneo delle navi nel bacino interno.
Comments are closed.